Veloce e tagliente la chiglia
Veloce e tagliente la chiglia
passa sopra a ogni conchiglia
chiusa nei bui fondali
miei esistenziali.
Io sorvolo dal ponte
scrutando l’orizzonte
che lontano mi porti
dai pensieri contorti.
Rapido voglio essere
a capir il malessere
di viver senza fiato
in un mondo alienato.
Che a star in apnea
si perde la marea
di odori del mondo
quelli che da sempre sondo.
Qui tutti corrono
e rincorrono,
alla cieca e sordi
immersi in luci e bagordi.
Senza sensi percettivi
esclamano di sentirsi vivi;
io, per intimo pudore,
non dico il dolore
che mi fanno così,
di qua, di là, di lì,
scattanti e sudati,
sporchi, ma profumati.
Eppur la velocità
arriva prima alla verità,
ma la direzione falsa
trasforma tutto in farsa:
il tempo è tiranno,
denaro e affanno;
l’indugio traccia
la via della bonaccia.
E a star fermi
ci trattan da vermi,
da emarginati esclusi
quasi da lasciar rinchiusi.
Vagare vagare
veloci andare.
Àndale àndale,
sicuro e docile;
di corsa, jalla jalla,
e la strada sarà bella,
liscia e deserta
e la vittoria certa.
Eppur se confusa
è la rotta, alla rinfusa
è meglio non andare
senza tempo per pensare.
Meglio riflettere a specchio
come l’acqua mossa parecchio,
di sera al vento, che mostra
l’increspatura nostra,
delle stelle e della luna:
pensanti immobili e senza alcuna
fretta, riferimenti
solitari nei firmamenti.