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La famiglia Di Giù

·580 parole·3 minuti

Dice sempre: “Perché gli italiani,
quegli onesti e cristiani,
non aiutate mai?
Mica sono tutti usurai!
Forse perché son meglio gli immigrati,
clandestini con i loro reati?”

Guardi, cerchiamo di capirci per favore:
quanto appena detto non è il cuore
della faccenda. Spesso sì, è vero,
c’è accanimento contro lo straniero,
ma l’impressione generale è che un discorso
più ampio e preciso sia in corso:
è in atto, se dirlo mi è concesso,
una guerra a tutti i disgraziati nel complesso.
Che se fosse una battaglia
alla povertà, alla miseria, alla disgrazia,
affinché vengano estirpate come la gramigna,
sarei in prima fila con tutta la mia tigna;
invece sono le persone che sono incolpate
come se quelle tre se le fossero cercate.

Dopo questa premessa proseguo,
la vostra attenzione inseguo
e racconto una triste vicenda
che mi è capitata in agenda:
anche se suona un’assurdità,
in questo episodio di vulnerabilità,
lo scandalo e la vergogna
iniziano con una cicogna.

Da dirsi è molto triste
perché in Italia sussiste
un problema di uguaglianza
tra le cure che si ricevono in Brianza,
in Ciociaria, sulle Murge
o alle Madonie o al Carso. Urge
risolvere queste disparità presenti
perché ora cittadini degenti,
da identici bisogni afflitti,
non godono degli stessi diritti.

Una giovane coppia in attesa
aveva la prospettiva che l’indifesa
potesse nascere prematura,
con qualche problema oltremisura.
Così, poveretti, in fretta e furia,
dalla Magna Grecia all’Etruria,
con tutti gli dei moderni e antichi
chiamati in modi leciti o impudichi,
han risalito la penisola intera
per trovare una soluzione ospedaliera.

La gioia del primo vagito,
strozzata perché attutito,
ha convinto i nuovi genitori
a chiamare subito i traslocatori
e trasferirsi in men che non si dica
nella prima casa formica
a due passi dalla loro bambina
allettata e avvolta nella copertina.

Dopo qualche tempo e le necessarie cure
le circostanze erano mature
perché la famiglia si ricongiungesse
sotto le medesime tegole a forma di esse;
e qui purtroppo, come se non bastasse
tutta la fatica esentasse
già profusa, hanno inizio altre grane,
antipatiche come solo le briciole di pane,
a quintali la notte dentro al letto,
lasciate da qualcuno per dispetto.

Sì, perché, quali esigenze stanno in cima?
Quelle della proprietà o prima
quelle di una bambina bloccata e disabile
costretta a nutrirsi grazie a un sondino allungabile
che solamente un dottore sa usare
insieme al suo compare?
Posso immaginare le vostre risposte,
ma quelle arrivate sono totalmente opposte.

Comunque, per quello che è la situazione
è necessaria un’attenta selezione:
innanzitutto, dalla ricerca si escludono i condomìni
con ingresso e androne a scalini,
l’ascensore inesistente o troppo minuto
perché non è di alcun aiuto;
poi lasciamo stare quelle case senza doccia,
solo con la vasca scivolosa e antigoccia.

Quindi, in definitiva, vogliamo un alloggio
con doppi servizi e che faccia sfoggio
di due stanze, un soggiorno
e una bella cucina con il forno;
possibilmente a un piano basso
senza che costi un salasso.

Queste caratteristiche desiderate
non sono capricci d’estate,
ma esigenze vere dettate
da necessità complicate;
sembra però impossibile
che esista una casa accessibile,
è evidente quando si spiega
la situazione e l’interesse impiega
venti secondi netti a scemare.
La parte peggiore dell’affare,
come sempre è l’impatto
della mancanza di pudore e tatto:
“Disabili, stranieri e animali
non sono ammessi in tutti i locali”
è stata per esempio una gentile risposta.

La ricerca prosegue quindi senza sosta,
anche se questa volta il tempo non aiuta
a rendere meno amara l’umiliazione ricevuta.